Non credo che il governo le abbia sbagliate tutte e stia divorando l’Italia, come racconta la destra eversiva, ma non penso neppure che sia il solo argine tra noi e l’Abisso, come instancabilmente ripetono dall’alba al tramonto le Vergini Vestali del “dopo di lui il Diluvio”. Penso che il governo stia facendo del suo meglio (che non sembra gran cosa) ma che vi siano tre problemi politici che vanno guardati in faccia prima che la situazione diventi senza rimedio:
- Il vizio di origine. Il governo nasce in modo ambiguo, sorretto da due debolezze: il terrore per il ritorno al voto da parte del M5S e il politicismo governista di un centrosinistra storicamente convinto che partecipare al governo – non importa con chi, non importa per fare cosa – sia il solo fine dell’azione politica. L’inaffidabilità infantile del M5S e la pavidità responsabile di PD-LeU hanno dimostrato immediatamente come il Conte 2 non potesse essere il vero “governo di cambiamento” che serviva al Paese e i primi quattro mesi di vita dell’esecutivo sono stati una continua negoziazione al ribasso, un continuo accantonamento dei problemi, con il rifiuto anche solo di discutere gli aspetti più ideologici e deleteri del Conte 1. Un governo che sembrava incapace di governare il quotidiano in tempi ordinari come può fronteggiare con decisione tempi straordinari senza una collettiva e spietata presa d’atto del suo vizio di origine e un brusco ritorno alla realtà?
- L’inadeguatezza del premier. Secondo la Costituzione (art. 95) “il Presidente del Consiglio dirige la politica generale del Governo […], mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei Ministri.” È esattamente quello che Conte sembra incapace di fare: non dirige e coordina i Ministri, troppi dei quali parlano di quello che vogliono, quando vogliono, possibilmente in pubblico, ora che sarebbe necessaria una voce sola. Maneggia incautamente diritti e libertà costituzionali costruendo abusi e limiti tramite strumenti non previsti dalla Costituzione, creando irresponsabilmente precedenti gravissimi ed è incapace di dare il senso di una direzione unitaria, anche per colpa delle mille “cabine di regia” (di ignota utilità), della malafede di alcune Regioni e della pedante ossessione cavillistica propria del Diritto Commerciale dal quale Conte proviene. Conte parla molto, chiosa, predica, cavilla, ci racconta di quanto in un futuro ignoto sarà di nuovo bello far l’amore da Trieste in giù, ma non sembra avere il polso della situazione. Che forse nessuno può avere, va detto a sua discolpa, ma questo continuo decretare in solitudine, nascondendo pesantissime scelte politiche dietro pareri di tecnici senza volto non può durare in eterno.
- L’assenza dei partiti. Tralasciando Italia Viva e LeU – che non sono partiti ma brandelli di classe dirigente – gli azionisti di maggioranza del governo sono il PD e il M5S. Hanno un seguito elettorale “di massa” e dovrebbero essere loro a fare da cinghia di trasmissione tra la società e i suoi bisogni più reali e il governo. Peccato che non lo facciano, che 25 anni di chiacchiere sui “partiti leggeri” e su quanto siano belle le piattaforme digitali abbiano ucciso la Politica come esperienza collettiva e di massa. Il segretario del PD è stato malato e poi troppo impegnato a fare il presidente della Regione e il “Reggente” del M5S, il Duca d’Orleans Vito Crimi è una totale nullità incapace di infondere vita a un movimento moribondo. Insomma, proprio ora che servirebbe disperatamente una capacità di dialogo tra Palazzo e Comunità, questa è impossibile e ciò rende il consenso del quale il governo è ancora titolare fragilissimo ed esposto ad ogni vento: non basta chiudere la porta a doppia mandata per proteggersi da una invasione aliena.
“Ma a questo governo non ci sono alternative” la noiosa litania governista. Ci sono sempre alternative, se solo si vogliono costruire e non è vero che “non si cambiano i governi in piena emergenza”: gli inglesi hanno cacciato Neville Chamberlain sostituendolo con Winston Churchill in tempi ben più drammatici di questi, così come noi abbiamo fatto sostituendo Paolo Boselli con Vittorio Emanuele Orlando dopo Caporetto. Il tema non è l’emergenza, ma il fare cosa. Sono necessarie scelte immediate e chiare, anche di carattere etico e politico (come la regolarizzazione degli “Invisibili”, necessità economica e imperativo morale non adottato per paura della “Bestia”, specchio di una classe di governo che trema nascosta sotto il letto). Perché la crisi economica dietro l’angolo sarà ben più devastante, lacerante e dolorosa dell’emergenza sanitaria e per governarla servirà una visione politica chiara e decisa e non ci si potrà nascondere dietro la mascherina dei comitati tecnici o i “penultimatum” verso i partner europei.
Gli applausi dal balcone sono finiti, sostituiti dal silenzio di una attesa angosciosa.