Negli anni ‘70 e ‘80 – quando i politici erano più colti di oggi – circolava l’espressione latina “conventio ad excludendum” per definire il fatto che alcuni soggetti politici – segnatamente PCI e MSI – fossero esclusi dall’area di governo, il primo per ragioni di equilibri internazionali (il legame con l’URSS), il secondo per ragioni costituzionali, cioè il retaggio politico e programmatico con l’esperienza fascista e la dubbia lealtà democratica.
La “conventio ad excludendum” era una cosa seria, che ha favorito un’evoluzione democratica del PCI e il cui superamento era lo scopo della politica del Compromesso Storico architettato da Aldo Moro, progetto politico che ne ha forse causato la morte.
Nel mondo contemporaneo, segnato dalla rinascita dei blocchi ideologici, strutturati non più sul binomio capitalismo-collettivismo ma su quello tra democrazia e società aperta da un lato e autoritarismo dall’altro forse la “conventio ad excludendum” andrebbe rispolverata, ad esempio verso la Lega, la cui fedeltà ai valori democratici e costituzionali e alla collocazione internazionale dell’Italia non sono certi ma esiste una possibilità concreta che la politica di quel partito venga in tutto o in parte diretta da una potenza straniera ostile all’Italia.
Autore: Marco Cucchini (C)